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Le Atrofie Muscolari rientrano nella categoria delle malattie neuromuscolari, patologie su base genetica o acquisita che coinvolgono il tessuto muscolare, il midollo spinale, il nervo periferico o la giunzione neuromuscolare. Le malattie neuromuscolari rappresentano un gruppo di malattie che possono comparire sia in età infantile che in età adulta, hanno un decorso variabile e comportano diversi gradi di disabilità che possono interessare l'area delle funzioni motorie, cognitivo-comunicative, respiratorie, cardiache, alimentari, l'area psicologica, sociale e relazionale.

ATROFIA MUSCOLARE SPINO-BULBARE

L’atrofia muscolare spino-bulbare, nota anche come Malattia di Kennedy, è una malattia caratterizzata dalla neurodegenerazione dei motoneuroni spinali e del tronco encefalico. Colpisce soggetti maschi adulti (le donne sono portatrici sane o paucisintomatiche), si manifesta inizialmente con crampi e affaticabilità e quindi con debolezza ingravescente della muscolatura degli arti e anomalie delle funzioni bulbari (disartria e disfagia).
Oltre al quadro neurologico, la malattia di Kennedy è caratterizzata anche da segni e sintomi imputabili più probabilmente ad una insufficienza androgenica come ginecomastia e disordini nella sfera sessuale.

ATROFIA MUSCOLARE SPINALE

Le amiotrofie spinali o atrofie muscolari spinali (SMA) sono un gruppo di patologie dovute alla degenerazione delle cellule delle corna anteriori del midollo spinale che trasmettono ai muscoli i comandi del movimento. In termini generali si tratta di un gruppo di malattie ereditarie, piuttosto frequenti nell’età evolutiva, caratterizzate da ipotonia muscolare (riduzione del tono muscolare ed eccessivo rilasciamento del tessuto), difetto di forza generalizzato, ma prevalente a carico della muscolatura prossimale degli arti (quella più vicina al tronco), e riduzione/assenza dei riflessi osteotendinei. La muscolatura mimica del volto è generalmente indenne, così come quella che determina il movimento degli occhi. La sensibilità è sempre conservata, il sistema nervoso centrale non è interessato, il livello intellettivo e lo sviluppo del linguaggio sono del tutto normali. Globalmente si può dire che i problemi respiratori possono essere rilevanti, mentre il cuore non è interessato. Nelle forme più gravi possono associarsi problemi di deglutizione e di reflusso gastroesofageo. Ne esistono diverse forme, la classificazione tradizionale prevede la distinzione sostanzialmente in tre grandi gruppi distinti sulla base delle abilità motorie raggiunte e dell’età di esordio:

SMA I
 o malattia di Werdnig-Hoffman. Il deficit è generalizzato e gravissimo. Il bambino giace immobile e anche la muscolatura respiratoria è compromessa, quasi sempre in modo così grave da risultare fatale entro il primo anno di vita, sebbene esistano rari casi con sopravvivenza più lunga. La vivacità dell’espressione del volto contrasta per altro con questa globale immobilità. A questa forma possono associarsi difficoltà nella deglutizione e reflusso gastroesofageo che, insieme, possono ulteriormente contribuire alle difficoltà respiratorie.

SMA II o forma intermedia. Per definizione il bambino acquisisce la capacità di stare seduto autonomamente, sebbene ciò possa avvenire un po’ tardivamente o in modo imperfetto rispetto a quanto accade per un bimbo sano. L’esordio si colloca in genere dopo i sei mesi di vita e il deficit di forza è grave, ma non come nella forma I. Rimane tuttavia impossibile la deambulazione autonoma.

La sopravvivenza è maggiore, spesso normale e comunque legata alla funzionalità respiratoria, giacché la muscolatura respiratoria non è compromessa allo stesso modo in tutti i soggetti. Abitualmente, tanto più precoce è l’esordio dei sintomi, tanto più probabile è che nel tempo si presentino problemi respiratori.

SMA III o malattia di Kugelberg-Welander. Si manifesta quando la deambulazione autonoma è già stata acquisita. Il difetto della forza muscolare prossimale, simmetrico e prevalentemente a carico degli arti inferiori determina la tipica andatura dondolante detta anserina, oltre a difficoltà nell’alzarsi da terra e nel fare le scale.
L’età di esordio è variabile e la progressione è lenta, costringendo i pazienti alla carrozzina circa dieci anni dopo l’esordio stesso. La sopravvivenza è generalmente pari a quella delle persone non affette dalla malattia e comunque sempre legata all’eventuale comparsa di problemi respiratori.

 Recentemente si è aggiunta la forma 0, con esordio nella vita intrauterina con decorso rapidamente fatale. La scarsa motilità nella vita intrauterina può causare la presenza di retrazioni articolari già alla nascita (artrogriposi multipla congenita) ed è importante ricordarlo perché fino ad alcuni anni fa la presenza di artrogriposi alla nascita era invece considerato un criterio di esclusione per la diagnosi di SMA.

Va segnalata inoltre la presenza di una forma ad esordio abitualmente in età adulta e prognosi favorevole, la cosiddetta forma IV.

Va ricordato per altro che le varie forme non sono sempre nettamente distinguibili, ma si tratta di un continuum dalla forma più grave a quelle più lievi e proprio in base all’estrema eterogeneità clinica è stata proposta una revisione della classificazione, organizzandola su base decimale: ad esempio, dalla SMA 1.0 (cioè la “classica” forma I) alla forma 1.9, più lieve, che sta al limite tra la I e la II e così via.